sabato 6 novembre 2010

L'agar-agar

Da 350 anni nelle cucine giapponesi si usa un ingrediente tradizionale che solo di recente ha iniziato timidamente a diffondersi anche da noi, anche se per ora quasi esclusivamente nelle cucine vegetariane e in quelle di qualche Chef di “cucina molecolare”. Sto parlando dell’agar (da alcuni anche chiamato agar agar), un gelificante di origine vegetale. Potete trovare l’agar, in polvere, nei negozi specializzati in prodotti “naturali”, oltre che in quelli che vendono cibi orientali.
L’agar viene estratto da vari tipi di alghe rosse (Phylum Rhodophyta). I due tipi principali di alghe utilizzate per la produzione dell’agar sono la Gracilaria e la Gelidium. Queste alghe sono molto diffuse nel mondo. Grandi produttori di agar sono la Spagna, il Cile e il Giappone.


agar-Gelidium-sesquipedale-300L’origine

In giapponese è noto come kanten, che significa “clima freddo”, riferendosi al metodo tradizionale di produzione. Una leggenda narra che nell’inverno del 1658 un locandiere, Minoya Tarazaemon, preparò ai suoi ospiti per cena una tradizionale gelatina a base di alghe. La gelatina non consumata venne gettata fuori dalla locanda dove il freddo della notte la congelò. Il sole della mattina sciolse e seccò la gelatina, lasciando solo un residuo bianco. Bollito e successivamente raffreddato questo produsse una gelatina di migliore qualità e più limpida. Minoya Tarazaemon aveva scoperto come produrre l’agar per congelamento e successiva essiccazione.
Ampiamente usato in Giappone, Cina, Corea e nel resto dell’estremo oriente, l’agar venne introdotto in Europa solo nel 1859 da Payen, che lo presentò all’Accademia delle Scienze di Parigi. Curiosamente in Europa, prima ancora che per scopi alimentari, venne utilizzato come terreno di coltura batterica da Robert Koch nei suoi studi sulla tubercolosi, su suggerimento della moglie Angelina.

Le proprietà

L’agar è insolubile a freddo ma si scioglie, mescolato adeguatamente, in acqua portata all’ebollizione. Se successivamente viene lasciato raffreddare le sue molecole pian piano si legano fra loro per formare un reticolo che intrappola l’acqua e le altre molecole presenti formando un gel, una sorta di gelatina, quando la temperatura ha raggiunto i 30-40 °C. A differenza del gel formato dall’amido, questo è termoreversibile: si riscioglie se scaldato e si riforma per raffreddamento.
L’agar gelifica a concentrazioni molto basse, a partire dallo 0.2%. Le concentrazioni tipiche a cui viene utilizzato sono tra lo 0.5% e il 2% rispetto all’acqua. A differenza della comune gelatina di colla di pesce, di natura proteica, il gel di agar resiste alle alte temperature, sciogliendosi solo attorno agli 85-90 °C. Questo permette delle applicazioni culinarie interessanti. È possibile preparare dei ravioli con un ripieno solido di agar e una sostanza aromatica, ad esempio del nero di seppia, che si liquefa durante la cottura. Oppure cubi di gel variamente aromatizzati possono essere serviti in un brodo caldo mantenendo la loro consistenza. Viene anche molto utilizzato dai vegetariani al posto della gelatina animale. A differenza della pectina utilizzata per produrre confetture e marmellate, l’agar non ha bisogno della presenza di zucchero per gelificare, e quindi può essere utilizzato per preparare confetture o composte a ridotto contenuto di zucchero.
L’agar non ha sapore e non interferisce con il gusto degli alimenti che si desidera gelificare. In più il sistema digerente umano riesce ad assorbirlo solo in piccola parte (meno del 10%) per cui ha un contributo nutrizionale trascurabile. A tutti gli effetti possiamo considerarlo analogo alle fibre vegetali. Poiché l’agar, a differenza della comune gelatina, non si scioglie alla temperatura corporea, presenta al palato una consistenza diversa. In più è meno elastico e più fragile.

Qualche accorgimento



220px-GreenTeaYokanNormalmente si aggiunge all’acqua mescolando vigorosamente per facilitare la dispersione. Dovendo gelificare un liquido acido è preferibile aggiungerlo solo dopo aver portato l’acqua all’ebollizione, mentre si sta raffreddando, per minimizzare i rischi di rottura del reticolo gelificante (i chimici parlano di idrolisi).
La necessità di far bollire l’agar in acqua ne limita le applicazioni a quegli alimenti che non vengono alterati facilmente dalle alte temperature. Se si desidera gelificare un liquido senza portarlo a temperature elevate è opportuno sciogliere l’agar in poca acqua all’ebollizione, e aggiungere la soluzione al liquido da gelificare scaldato a circa 40 °C. Analogamente, è meglio aggiungere componenti aromatiche volatili solo quando il liquido è prossimo alla gelificazione, attorno ai 40 °C
Visto che il gel è termoreversibile, se si è messo troppo poco agar per la consistenza che si voleva ottenere è possibile risciogliere il gel e aggiungerne altro.
Poiché l’agar non è costituito da proteine, è possibile utilizzarlo in quei casi dove la normale gelatina non è impiegabile, ad esempio nelle preparazioni con ananas o altra frutta che contiene enzimi che disgregano le proteine (enzimi proteolitici)

Isteresi e sineresi

Il fenomeno per cui la temperatura di fusione del gel è diversa dalla temperatura di solidificazione è chiamato isteresi. Le temperature di solidificazione (tra 30 °C e 40 °C) e quelle di fusione (tra 80 °C e 90 °C) dipendono sia dal tipo di alga da cui l’agar è stato estratto che dalla concentrazione a cui viene utilizzato.
L’angolo chimico
agarobiosio-300
Struttura dell’agarobiosio
Il processo tradizionale di produzione sfrutta invece un fenomeno chiamato sineresi. Durante il congelamento i cristalli di ghiaccio che si formano costringono le molecole del polimero a raggrupparsi in fibre. Quando il ghiaccio si scioglie l’acqua se ne va lasciando una struttura spugnosa costituita dalle fibre di polimero. Questo metodo viene ancora utilizzato ma è stato in larga parte soppiantato da un metodo più efficiente in cui l’acqua viene eliminata esercitando una pressione controllata sulla gelatina grezza.
In commercio l’agar si trova normalmente in polvere, ma vi è anche un mercato di nicchia per l’agar cosiddetto “naturale”. Così viene chiamato l’agar venduto a strisce (Ito-Kanten) o a quadretti (Kaku-Kanten) ottenuto dalle alghe Gelidium e prodotto con metodi artigianali ancora secondo il metodo scoperto da Tarazaemon. Sebbene abbia una capacità gelificante e una purezza inferiore insieme ad una qualità altalenante alcuni consumatori lo preferiscono per via del metodo di preparazione tradizionale.

La chimica

agar-100L’agar è un polisaccaride, un polimero formato da unità più semplici. L’amido è il polisaccaride più conosciuto, costituito da unità di glucosio legate tra loro. L’agar invece è formato principalmente da unità di D-galattosio (è quindi un poligalattoside). Il galattosio è uno dei due componenti del lattosio, lo zucchero presente anche nel latte.
Più precisamente l’unità fondamentale è l’agarobiosio, formato da D-galattosio e 3,6-anidro-L-galattosio (β-D-galattopiranosio (1-4) legato a 3,6-anidro-α-L-galattopiranosio). L’agarobiosio forma due tipi di polimeri: l’agarosio e l’agaropectina che contribuiscono, in percentuali diverse, a formare l’agar. È l’agarosio la molecola responsabile della gelificazione. Questa avviene attraverso la formazione di legami a idrogeno tra le molecole di agarosio. Questo rende reversibile la trasformazione, a differenza di quanto avviene invece per altri gel di polisaccaridi come l’amido o la pectina. Questa trasformazione può essere ripetuta indefinitamente a meno di avere in soluzione sostanze o condizioni che possano idrolizzare o ossidare l’agarosio, ad esempio pH molto acido (< 2.5). Anche il riscaldamento prolungato a pH inferiori a 5.5 può comportare la riduzione della capacità gelificante come pure la presenza massiccia di acido tannico presente in alcuni vegetali (la mela ad esempio).
L’agar è un additivo alimentare, con codice E406. La linea di prodotti Texturas, di cui si è tanto parlato ultimamente, lo comprende ma potete più comodamente acquistarlo anche nei negozi di prodotti biologici. Il comitato congiunto FAO/WHO sugli additivi alimentari nel suo rapporto, tenendo conto degli studi tossicologici, non ha ritenuto di dover fissare dei limiti alla DGA, la Dose Giornaliera Ammissibile (ADI = Accettable Daily Intake) ritenendo sicuro il suo uso.

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