mercoledì 3 novembre 2010

Birra: storia-preparazione-classificazione

La birra è una delle più diffuse e più antiche bevande analcoliche del mondo. Viene prodotta attraverso la fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces cerevisiae o Saccharomyces carlsbergensis di zuccheri derivanti da fonti amidacee, tra cui quella più usata è il malto d'orzo. Il malto d'orzo è l'orzo germinato ed essiccato. Vengono tuttavia ampiamente impiegati anche il frumento, il mais e il riso, solitamente in combinazione con l'orzo. Altre piante meno utilizzate sono invece la radice di manioca, il miglio e il sorgo in Africa, la patata in Brasile e l'agave in Messico.
Per produrre la birra, il malto viene immerso in acqua calda, dove - grazie all'azione di alcuni enzimi presenti nel malto stesso e dovuti alla germinazione - gli amidi presenti vengono convertiti in zuccheri fermentescibili. Questo mosto zuccheroso può essere aromatizzato con erbe aromatiche, frutta o più comunemente con il luppolo. Quindi, viene impiegato un lievito che dà inizio alla fermentazione e porta alla formazione di alcool, unitamente ad anidride carbonica (che viene per la maggior parte espulsa) ed altri prodotti di scarto derivanti dalla respirazione anaerobica dei lieviti.
In questo processo si utilizzano ingredienti, tradizioni e metodi produttivi variabili: il tipo di lievito ed il metodo di produzione possono essere usati per classificare le birre in ale, lager o birre a fermentazione spontanea.

Storia 



La birra è una delle bevande più antiche prodotte dall'uomo, probabilmente databile al settimo millennio a.C., registrata nella storia scritta dell'antico Egitto e della Mesopotamia. La prima testimonianza chimica nota è datata intorno al 3500-3100 begin_of_the_skype_highlighting3500-3100 end_of_the_skype_highlighting a.C. Poiché quasi qualsiasi sostanza contenente carboidrati, come ad esempio zucchero e amido, può andare naturalmente incontro a fermentazione, è probabile che bevande simili alla birra siano state inventate l'una indipendentemente dall'altra da diverse culture in ogni parte del mondo. È stato sostenuto che l'invenzione del pane e della birra sia stata responsabile della capacità dell'uomo di sviluppare tecnologie e di diventare sedentario, formando delle civiltà stabili. È verosimile che l'invenzione della birra sia infatti coeva a quella del pane; poiché le materie prime erano le stesse per entrambi i prodotti, era 
solo "questione di proporzioni": se si metteva più farina che acqua e si lasciava fermentare si otteneva il pane; se invece si invertivano le quantità mettendo più acqua che farina, dopo la fermentazione si otteneva la birra. (immagine sopra:un birrificio del XVI secolo)

Si hanno testimonianze di produzione della birra addirittura presso i Sumeri. Proprio in Mesopotamia inoltre pare che sia nata la professione del birraio, e testimonianze riportano che parte della retribuzione dei lavoratori veniva corrisposta in birra. Due erano le principali tipologie prodotte nelle case della birra: una birra d'orzo chiamata sikaru (pane liquido) e un'altra di farro detta kurunnu. La più antica legge che regolamenta la produzione e la vendita di birra è, senza alcun dubbio, il Codice di Hammurabi (1728-1686 a.C.) che condannava a morte chi non rispettava i criteri di fabbricazione indicati (ad es. annacquava la birra) e chi apriva un locale di vendita senza autorizzazione. Nella cultura mesopotamica la birra aveva anche un significato religioso: veniva bevuta durante i funerali per celebrare il defunto ed offerta alle divinità per propiziarsele.
La birra aveva analoga importanza in Antico Egitto, dove la popolazione la beveva fin dall'infanzia, considerandola anche un alimento ed una medicina. Addirittura una birra a bassa gradazione o diluita con acqua e miele, veniva somministrata ai neonati quando le madri non avevano latte. Anche per gli Egizi la birra aveva un carattere mistico, ma tuttavia c'era una grossa differenza rispetto ai Babilonesi : la birra non era più un prodotto artigianale, ma era divenuta una vera e propria industria con i faraoni che possedevano addirittura delle fabbriche.
Si parla di birra anche nella Bibbia e negli altri libri sacri del popolo ebraico come il Talmud; nel Deutereonomio si racconta che durante la festa degli Azzimi si mangiava per sette giorni il pane senza lievito e si beveva birra. Lo stesso avviene durante la festività del Purim.
La Grecia, sicuramente più orientata sul vino, non produceva birra, ma ne consumava parecchia, soprattutto per le feste in onore di Demetra e durante i giochi olimpici durante i quali era vietato il consumo del vino. La bevanda arrivava in Grecia tramite i commercianti fenici.
Anche gli Etruschi e i Romani preferivano di gran lunga il vino, tuttavia ci furono personaggi famosi che divennero sostenitori della birra, come ad esempio Agricola, governatore della Britannia, che una volta tornato a Roma nell'83 d.C. portò con se tre mastri birrai da Glevun (l'odierna Gloucester) e fece aprire il primo "pub" nella penisola italiana.
I veri artefici della diffusione della birra in Europa furono comunque le tribù Germaniche e Celtiche. Questi ultimi in particolare si stanziarono in Gallia e in Britannia, ma soprattutto in Irlanda, dove addirittura esiste una leggenda secondo la quale gli irlandesi discendano da un popolo di semidei chiamati Fomoriani che avevano la potenza e l'immortalità grazie al segreto della fabbricazione della birra, che fu loro sottratto dall'eroe di Mag Meld.

Al giorno d'oggi, molti non riconoscerebbero come "birra", ciò che bevevano i primi abitanti dell'Europa, in quanto le prime birre contenevano ancora al loro interno i prodotti dai quali proveniva l'amido (frutta, miele, piante, spezie). Il  luppolo come ingrediente della birra fu menzionato per la prima volta solo nel 822 da un abate Carolingio e di nuovo nel 1067 dalla badessa Ildegarda di Bingen. Fu proprio merito dei monasteri durante il Medioevo il salto di qualità nella produzione della bevanda. Persino le suore avevano tra i loro compiti quello di produrre la birra, che in parte era destinata ai malati e ai pellegrini. Anche in Gran Bretagna la birra prodotta dalle massaie veniva messa a disposizione delle feste parrocchiali, ed utilizzata per scopi umanitari. In Inghilterra in particolare, la birra divenne bevanda nazionale in quanto l'acqua usata per la sua produzione veniva bollita e quindi sterilizzata.
La birra prodotta prima della rivoluzione industriale era principalmente fatta e venduta su scala domestica, nonostante già dal settimo secolo d.C. venisse prodotta e messa in vendita da monasteri europei. Durante la rivoluzione industriale, la produzione di birra passò da una dimensione artigianale ad una prettamente industriale, e la manifattura domestica cessò di essere significativa a livello commerciale dalla fine del XIX secolo. Lo sviluppo di densimetri e termometri cambiò la fabbricazione della birra, permettendo al birraio più controlli sul processo e maggiori nozioni sul risultato finale. Inoltre, sempre nello stesso periodo furono eseguiti studi specifici sul lievito, che permisero di produrre la birra a bassa fermentazione, che oggi è di gran lunga la più diffusa nel mondo.

Ingredienti 

I cereali 



La produzione di birra si può fare con qualunque tipo di cereale. Questo però, deve venire preparato affinché i suoi zuccheri diventino fermentabili. In alcuni casi è sufficiente una semplice cottura (come nel caso del mais) mentre in altri casi è necessario "maltare" il cereale. L'orzo ad esempio, che nel mondo occidentale è il cereale più utilizzato per produrre la birra, è l'unico che deve maltare necessariamente.

Il malto 




Gli zuccheri contenuti nei chicchi d'orzo non sono immediatamente accessibili, ma è necessario attivare precedentemente un enzima presente nel chicco stesso che parteciperà alla riduzione delle lunghe catene di zuccheri. Questa operazione consiste semplicemente nel far germinare i chicchi. Quando si pensa che l'attivazione enzimatica della germinazione sia arrivata allo stato ottimale, si interrompe il processo riducendo l'umidità nei chicchi fino al suo valore minimo. Questo prodotto viene chiamato "malto acerbo". A questo punto bisogna cuocerlo. A basse temperature si ottiene il minimo effetto di tostatura e si parla di "malti chiari" (talvolta chiamati anche lager o pale, a seconda del paese in cui avviene la produzione). In proporzione a quanto si aumenta la temperatura del forno, il malto risultante diventa più scuro. Si può arrivare fino al punto di bruciarlo, producendo così i "malti neri". Il grado di tostatura del malto determina il colore della birra.

Miscela

Il termine "miscela" si riferisce alla quantità di grano che si utilizzerà per preparare il mosto. Questa infatti può essere composta da un solo tipo di malto, oppure da una "miscela" di malti, oppure ancora da malti e grano duro. Le proporzioni e i componenti di questa miscela sono fondamentali per la scelta e la determinazione dello stile di birra che si vuole produrre.

Tipi di grano 


I diversi cereali che si utilizzano per produrre birra, presentano ognuno una serie di varietà botaniche che moltiplicano le possibilità di scelta del birraio. Attualmente si possono trovare sul mercato fino a 60 tipi diversi di grano, cifra che aumenta considerevolmente se teniamo conto anche dei malti caserecci. Di base, i cereali si possono distinguere in quattro categorie:
  • Malti di base: sono malti chiari, poco cotti, con un grande potere enzimatico, che in genere formano la grande maggioranza (se non la totalità) della miscela. In concreto questi malti sono chiamati lager, pale, pils a seconda del produttore.
  • Malti additivi: sono malti di colore scuro, dall'ambrato al nero, che sono stati cotti parecchio e che hanno perso tutto il loro potere enzimatico. In genere vengono usati in piccole quantità per influire sul colore o sul gusto della birra, oppure per motivi specifici della produzione della singola birra.
  • Malti misti: si tratta di malti che sono tostati maggiormente rispetto ai malti di base, tuttavia conservano proprietà enzimatiche sufficienti in modo da poter essere usati sia come base, sia come additivi. In questa categoria incontriamo i malti color caramello o quelli ambrati conosciuti in Inghilterra come "cristal".
  • Cereali crudi, tostati o in gelatina: come già detto i cereali possono essere utilizzati senza che prima vengano maltati, per conferire gusto, aroma e altre caratteristiche alla birra. In genere si utilizzano in piccole quantità.
La qualità dei cereali, le loro varietà e il livello di maltificazione, nella gran parte dei casi contribuiscono quasi per intero alla caratterizzazione dello stile di birra. Questo ingrediente è talmente importante infatti che tutte le altre bevande alcoliche prodotte tramite la entazione degli zuccheri provenienti da altre fonti, non si chiamano "birra", sebbene il processo produttivo sia molto simile. Ad esempio il succo di mela fermentato si chiama sidro mentre il succo d'uva fermentato si chiama vino.

Additivi aromatici 

Luppolo 




Al giorno d'oggi l'additivo principale usato per compensare la dolcezza del malto, è il luppolo. Di questa pianta si utilizzano i fiori femminili non fecondati. Alla base della sua brattea c'è una ghiandola che contiene la luppolina, che è la sostanza che conferirà il sapore amaro alla birra. In particolare i responsabili di questa amarezza sono gli acidi amari e gli oli essenziali costituiti da composti abbastanza volatili e delicati a base di esteri e di resine. Esistono numerose varietà botaniche di luppolo e sono oggetto di studio intenso. Il luppolo è la causa della stimolazione dell'appetito che produce la birra. Vengono classificati in categorie:
  • Luppoli amari: si tratta dei luppoli che apportano più acidi amari che aromatizzanti. I rappresentanti più conosciuti di questa categoria sono il brewer's gold ed il northern brewer (o nordbrauer)
  • Luppoli aromatici: già dal nome si capisce che si tratta dei luppoli che apportano più elementi aromatici che amari. In questa categoria si conoscono specialmente il saaz che caratterizza lo stile pilsner, lo spalt ed il tettnang nell'area tedesca, ed i golding e fuggler nell'area anglofona
  • Luppoli misti: apportano entrambe le caratteristiche insieme benché meno accentuate. Questa categoria è molto variabile e non ben definita. Tra questi vanno citati lhallertau e i suoi derivati botanici e lhersbrucker con i suoi derivati
Il luppolo è molto delicato e si può utilizzare fresco solo durante i pochi mesi del suo raccolto (che coincide con quello dell'uva): dalla fine di agosto ad ottobre a seconda delle varietà e del posto. Al di fuori di questo periodo di tempo deve essere congelato; sul mercato si trova in diverse forme, dal luppolo disidratato fino all'estratto di luppolo. Tuttavia in ogni manipolazione si vanno perdendo delle caratteristiche e quindi non è la stessa cosa utilizzare un luppolo fresco o congelato piuttosto che un olio di concentrato di luppolo. L'effetto organolettico sulla birra è molto differente.
In definitiva, la varietà e la freschezza del luppolo influenzano sensibilmente la qualità finale della birra.

Altri additivi 


Oltre che il luppolo, nella storia si sono usati numerosissimi additivi botanici per la birra. Tra quelli che si usano al giorno d'oggi possiamo citare:
  • Frutta: Normalmente, fermentando il mosto della frutta si ottiene vino. Tuttavia al giorno d'oggi esistono molte birre nel cui processo produttivo, prima della fermentazione si aggiunge frutta, o succo di frutta o sciroppo. Si ha così un'ulteriore aggiunta di zuccheri che provocano una seconda fermentazione. Le tipologie storiche sono le birre alla ciliegia e le birre al lampone. Ne esistono poi altre di creazione molto più recente come ad esempio quella al kiwi, all'albicocca o alla banana. Queste specialità sono tipiche e quasi esclusive della valle della Senna e del Belgio.
  • Piante: Oltre che del luppolo di cui si è già parlato, esistono birre aromatizzate con altri tipi di piante (in aggiunta o in sostituzione del luppolo stesso) come ad esempio la canapa, il rosmarino, la castagna e il tabacco.
  • Spezie: Prima della grande diffusione del luppolo e delle altre piante aromatiche, le spezie trovarono il loro momento di gloria. Al giorno d'oggi rimangono birre aromatizzate con zenzero, coriandolo, bucce d'arancia, pepe e noce moscata.
  • Altro. La birra può servire come sostanza ausiliaria o di supporto alle varie sperimentazioni dei produttori più audaci. Citiamo come esempi la birra aromatizzata col miele, tipica dei microbirrifici francesi, o la birra aromatizzata con vino.

L'acqua 



La birra è composta dall'85% al 92% di acqua.
Oltre alle caratteristiche minerali e batteriologiche di potabilità che obbligatoriamente deve avere, ogni birra richiederà una qualità differente di acqua: talune necessitano di acque poco mineralizzate, altre acque più dure con molto calcare. Al giorno d'oggi quasi nessuna birra viene prodotta con l'acqua così come fluisce, ma viene prima trattata nel birrificio in modo da avere sempre le stesse caratteristiche e non alterare la ricetta.
Tra i minerali dell'acqua che interessano maggiormente i birrai ci sono il calcio, i solfati e i cloruri. Il calcio aumenta la separazione del malto e del luppolo nella macerazione e nella cottura, e scurisce la birra dandole opacità e torbidezza. Il rame, il manganese e lo zinco, inibiscono la flocculazione dei lieviti. I solfati rinforzano l'amarezza e la secchezza del luppolo. I cloruri danno una tessitura più piena e rinforzano la dolcezza.
Al giorno d'oggi si ha un consumo di circa tre ettolitri d'acqua per ogni ettolitro di birra prodotta.

Il lievito 




La maggior parte degli stili di birra si producono utilizzando una delle due specie di microorganismi unicellulari del tipo Saccharomyces, comunemente chiamati lieviti. Si tratta di funghi che consumano zuccheri per produrre alcole anidride carbonica. Esistono fondamentalmente due famiglie di lieviti che definiscono i due più grandi gruppi di birre:
  • Lieviti ad alta fermentazione come il Saccharomyces cerevisiaeche si trova nei fusti dei cereali e nella bocca dei mammiferi. Si tratta del tipo di fermentazione che si incontra normalmente in natura, ed agisce a temperature di tra 12 e 24 °C. Durante il processo, sale in superficie del tino di fermentazione situandosi sulla superficie del mosto. Questo lievito fu scoperto da Louis Pasteur nel 1852 durante i suoi studi sulla birra. Le birre ottenute da questi lieviti vengono genericamente denominate ale.
  • Lieviti a bassa fermentazione come il  Saccharomyces carlsbergensis. Sono stati scoperti quasi involontariamente dai birrai del sud della Germania che mettevano le loro birre a maturare nelle grotte delle Alpi. Questi funghi, della specie Saccharomyces uvarum, agiscono a temperature comprese fra 7 e 13 °C e durante il processo si depositano sul fondo del fermentatore. Le birre ottenute vengono genericamente denominate lager (termine che deriva dal verbo tedesco che significa conservare, nel caso della birra "al fresco").
Nella produzione della birra, specialmente in quella chiamata "a fermentazione spontanea", possono intervenire anche altri lieviti. In queste birre il produttore non ne seleziona nessuno in particolare, ma permette a tutti i lieviti in sospensione nell'aria di introdursi nel mosto. In questo modo intervengono, oltre al Saccharomyces, più di 50 fermentatori differenti tra i quali possiamo citare il Lactobacillus, che è un batterioche produce l'acido lattico, ed il Brettanomyces che produce l'acido acetico. Queste birre, che vengono chiamate Lambic, sono dunque acide per definizione, e la loro produzione richiede procedimenti speciali destinati a ribassarne il grado di acidità.

Processo produttivo 



Il processo produttivo della birra può essere definito "birrificazione" o "brassaggio" e richiede numerose fasi di lavorazione.La prima di queste fasi può essere definita maltificazione: l'orzo o gli altri cereali dopo essere stati selezionati e ripuliti, vengono immessi nelle vasche di macerazione, dove ricevono l'acqua e l'ossigeno necessario per la germinazione. Questo processo dura in genere tre o quattro giorni durante i quali l'acqua è mantenuta a temperature comprese fra i 12 e i 15 gradi, e viene continuamente cambiata. Una volta che è stato raggiunto il grado di umidità sufficiente, l'orzo viene messo a germinare per circa una settimana nei cassoni di germinazione o comunque in un luogo ben areato.
Il processo viene arrestato quando il germoglio ha raggiunto circa i due terzi della lunghezza del chicco, tramite essiccazione o torrefazione.
L'orzo maltato viene quindi macinato fino ad ottenere una specie di farina, quindi miscelato con acqua calda (circa 65-68 gradi). Questa fase è detta ammostatura, in quanto il malto si trasforma in mosto. Precisamente questo avviene quando l'amido ancora presente nel malto si trasforma in uno zucchero, il maltosio. La massa, mantenuta in agitazione, viene portata, con opportune soste, alle temperature ottimali per l'attività enzimatica di degradazione di amido e proteine, favorendone così la solubilizzazione nel mosto.
La parte liquida viene quindi separata dalla parte solida tramite filtrazione all'interno di un tino filtro, in cui il mosto con le trebbie viene pompato dal basso. Quando tutto il mosto è stato trasferito, si lascia che le trebbie sedimentino sul falso fondo forato, e si procede quindi alla filtrazione. Per raggiungere un buon livello di limpidità, il mosto viene fatto ricircolare più volte.
Il passo successivo è la cottura del mosto all'interno di apposite caldaie, tradizionalmente in rame (si tratta infatti di un buon conduttore termico che non si degrada eccessivamente). Il tempo di cottura è fondamentale per la scelta del tipo di birra che si vuole produrre ed anche per la sua qualità, in quanto durante questo processo avvengono la gran parte delle reazioni biochimiche; normalmente varia tra un'ora e due ore e mezza. Durante la bollitura, che nei birrifici moderni avviene tramite getti di acqua bollente ad alta pressione, si ha anche l'importante processo di sterilizzazione del mosto. Sempre durante questa operazione avviene l'aggiunta del luppolo. In genere la sala di cottura viene considerata come il "cuore" del birrificio.
Nel corso dell'ebollizione, in seguito a reazione tra i polifenoli del malto e del luppolo e le proteine del malto, si formano complessi insolubili che costituiscono il trub a caldo. Questo tende a precipitare al termine del processo e l'allontanamento è considerato fondamentale per la qualità e la stabilità della futura birra. Tale azione è effettuata mediante l'uso del whirlpool, tino nel quale il mosto giunge tangenzialmente generando una forza centrifuga che determina la raccolta della fase torbida sul fondo, al centro del recipiente, e permette la separazione di una fase liquida limpida.
In seguito il mosto viene raffreddato fino a temperature per le quali può avvenire la fermentazione: dai 4 ai 6 gradi per la bassa fermentazione e dai 15 ai 20 gradi per quella alta; viene inoltre insufflato ossigeno in quando il processo si può svolgere solo in condizioni di aerobiosi.
La fermentazione si divide in due fasi; la prima, detta fermentazione principale, vede come principale protagonista il lievito, che ha la funzione di trasformare gli zuccheri e gli amminoacidi presenti nel mosto in alcol, anidride carbonica e sostanze aromatiche. Il processo che utilizza Saccharomyces cerevisiaeche  è più rapido (ci vogliono in genere tre o quattro giorni) di quello a bassa fermentazione, in quanto si svolge a temperature superiori, e i processi di fermentazione sono favoriti dal calore. Questo lievito inoltre risale in superficie e viene recuperato con schiumature, e per questo è notevolmente economico.

La fermentazione secondaria (detta anche maturazione) invece consiste nel lasciare per circa quattro o cinque settimane la birra in grosse vasche di maturazione, ad una temperatura compresa fra 0 e 2 gradi. Questa operazione permette di saturare di anidride carbonica la birra e di far depositare i residui di lievito, oltre che per armonizzare i vari ingredienti.
Infine c'è la pastorizzazione che è un processo al quale non tutte le birre vengono sottoposte, che consiste nel portare la birra a una temperatura di 60 gradi per distruggere alcuni microrganismi e quindi conservare maggiormente il prodotto.
Alla fine del processo la birra viene filtrata per toglierle i residui di opacità e infine imbottigliata o infustata.
Esistono alcune birre che sono "rifermentate in bottiglia". In questo caso, prima di chiudere il tappo, si aggiunge del lievito in modo che, oltre alle due ordinarie fermentazioni, ne avvenga una terza che aumenta il tasso alcolico. Sono un'eccezione le birre di frumento che, pur avendo lievito all'interno della bottiglia, mantengono una gradazione normale.

Produzione casalinga 





Accanto a questo business mondiale è molto attiva anche la produzione casalinga, che rispecchia nel piccolo la produzione industriale. In genere le attrezzature necessarie per una birrificazione casalinga sono raccolte in kit e distribuite da ditte specializzate.
Per la produzione casalinga sono disponibili 3 diversi tipi di procedimenti, che differiscono tra di loro per la difficoltà e per la qualità del prodotto finale:
  • Birra da estratto di malto luppolato
  • Birra da estratto di malto non luppolato con o senza aggiunta di grani speciali
  • Birra da All Grain (partendo dai grani di malto e dagli altri ingredienti non preparati in precedenza)
La produzione di birra da estratto salta alcune fasi importanti del processo, tra cui la mostificazione (mashing) e il lavaggio delle trebbie (sparging). Per questa ragione non è da considerarsi propriamente "Birrificazione".

La situazione in Italia 

In Italia ci sono pochi grandi birrifici tra i quali possiamo ricordare:
  • i tre stabilimenti Peroni di Roma, Bari e Padova, proprietà della multinazionale SABMiller, nei quali si producono anche Nasto Azzurro, Whurer, e Raffo;
  • i due storici stabilimenti delle ex "Industrie Poretti" nei siti di Induno Olona presso Varese, e Ceccano presso Frosinone, dove un tempo veniva prodotta la Splugen Brau, oggi proprietà della Carlsberg;
  • i birrifici Heiniken Italia (Pollein, Massafra, Comun Nuovo, Assemini), che producono anche i marchi Birra Moretti, Birra Ichnusa, Birra Messina, Dreher;
  • L'alto-atesina Forst, maggiore produttore italiano indipendente, controlla anche la Menabrea di Biella;
  • Birra Castello, produttore friulano attivo dal 1997 in seguito all'acquisizione di un impianto del marchio Birra Moretti. All'inizio del 2006 ha rilevato dalla Heineken anche lo storico stabilimento di Pedaneva e il relativo marchio.
Il resto della produzione si fonda quasi esclusivamente sui microbirrifici. Con questo termine si intende un produttore artigianale di birra non pastorizzata (e generalmente, ma non sempre, non filtrata) con una produzione annuale limitata (in genere si pone il limite a 5000 hl annui, più di recente a 10000 hl).


Il numero di microbirrifici è in continuo aumento, a partire dal 1996, quando contemporaneamente ne aprirono diversi.
La produzione dei microbirrifici italiani nel complesso presenta una varietà notevolissima con birre ispirate ai più diversi stili internazionali, ed anche create con ingredienti e aromatizzazioni inusuali come farro, frutta e castagne.
Da qualche anno diversi microbirrifici italiani hanno cominciato un'attività di esportazione dei loro prodotti, principalmente sul mercato Steti Uniti, ricevendo un ottimo apprezzamento, come testimoniano i principali siti di rating.

Classificazione 

Sono numerose le possibilità di classificare le birre.
La classificazione che trova maggior impiego fa riferimento al tipo di lievito utilizzato e, conseguentemente, al tipo di fermentazione. In questo senso le birre si dividono in tre grandi famiglie:
  • Ale: sono prodotte con i lieviti della specie Saccharomyces cerevisiaeche e seguono un processo ad "alta fermentazione" che predilige temperature elevate. È il procedimento più antico che rimane tuttavia ancora profondamente radicato specie nella cultura brassicola anglosassone e fiamminga.
  • Lager: sono prodotte con i lieviti della specie Saccharomyces carlsbergensis e seguono un processo a "fermentazione bassa" che predilige temperature basse. Il procedimento industriale è più recente ma garantisce una maggior stabilità e ripetibilità, permettendo a queste birre di essere oggi di gran lunga le più diffuse sul mercato.
  • Lambic: sono prodotte esclusivamente in una regione del Belgio meridionale, dove il mosto è esposto a lieviti indigeni selvatici, come il Brettanomyces bruxellensis; il processo si sviluppa seguendo una "fermentazione spontanea", che conferisce a queste birre caratteristiche uniche al mondo.
Spesso alle ale sono riconosciute caratteristiche di maggior complessità grazie ai sapori e agli odori ricchi di aromi floreali, speziati e fruttati, mentre le lager sono più frequentemente "pulite" ed evidenziano soprattutto il carattere di malto e luppolo.
Un'altra classificazione particolarmente intuitiva, ma poco significativa se utilizzata come unico fattore di discriminazione, è quella basata sull'indicizzazione del colore, generalmente misurato sulla scala SRM. Il colore dipende dal tipo di maltazione subito dai cereali impiegati. Altra caratteristica visiva della birra è data dalla limpidezza o dalla opacità generalmente dovuta alla presenza di lievito in sospensione (nelle birre di produzione industriale il lievito viene eliminato prima dell'imbottigliamento per mezzo di filtri).
Esiste anche una classificazione relativa al grado di amarezza percepito, misurato sulla scala IBU (International Bitterness Unit).
Un ulteriore classificazione è legata al grado alcolico, generalmente misurato in percentuale di alcol sul volume della bevanda ("titolo alcolometrico volumico"), o alla quantità di zuccheri fermentabili presenti nel mosto prima della fermentazione misurato in gradi Plato. Questo tipo di tassonomia ha particolare significato per l'industria e il fisco. Ogni nazione ha denominazioni caratteristiche talvolta derivanti dalla tradizione. La legislazione italiana prevede le seguenti categorie:
  • birra doppio malto: oltre 14,5 gradi Plato
  • birra speciale: oltre 12,5 gradi Plato
  • birra: oltre 10,5 gradi Plato e titolo alcolometrivo volumico superiore a 3,5%
  • birra leggera o light: grado Plato compreso tra 5,0 e 10,5 e titolo alcolometrico volumico compreso tra 1,2% e 3,5%
  • birra analcolica: grado Plato compreso tra 3,0 e 8,0 e titolo alcolometrico volumico inferiore a 1,2%

Stili birrari 

Uno stile di birra contraddistingue la bevanda tenendo conto di caratteristiche come colore, sapore, gradazione alcolica, ingredienti, metodo di produzione, ricetta, storia ed origini.

Ale 



Una ale è una birra prodotta ad alta fermentazione, ovvero seguendo un processo che predilige temperature alte e durante il quale il lievito non sedimenta sul fondo del fermentatore, ma rimane in sospensione.
A questa grande famiglia appartengono stili birrari molto differenti: alcuni strettamente legati ad aree geografiche più o meno ristrette, come le ale belghe, altri di carattere più sovranazionale, come le birre di frumento ma che trovano comunque sfumature di regione in regione.
Le ale inglesi hanno un carattere fruttato, anche se meno evidente di quello delle belghe e spesso evidenziano maggiormente il malto e il luppolo. Si distinguono tra esse gli stili:
  • bitter: costituiscono lo stile base inglese. Spesso ambrate e di gradazione piuttosto bassa (sotto i 10 gradi saccarometri e 3,5%) e quasi sempre con un amaro pronunciato
  • mild ale: sono birre ancora più leggere delle bitter, piuttosto scure e tendenti al dolce; delicate ma saporite nonostante la bassa gradazione
  • brown ale: possono esser considerate una versione un po' più forte delle mild
  • winter e old ale: meno beverine, queste birre ambrate o scure "da meditazione" sono adatte alla stagione invernale per via della gradazione alcolica alta
  • barleywine: letteralmente "vino d'orzo", sono birre molto forti (oltre 8% di alcool, con picchi che superano il 10%), a volte sciroppose o caramellate, piuttosto luppolate ma con l'amaro bilanciato dalla dolcezza del malto. Questo stile è oggi raro in Gran Bretagna, e trova la sua patria sempre più gli Steti Uniti
  • India pale ale: originariamente prodotte nel Regno Unito per l'esportazione nelle colonie, erano caratterizzate da una luppolatura ed un amaro eccezionali. Oggi sono rare in Europa e in genere "poco rispettose" della tradizione. Gli Stati Uniti invece hanno rivitalizzato e fatto loro questo stile, dando vita alle american pale ale

Le ale belghe sono in genere più fruttate delle inglesi, spesso speziate ed a volte acidule. Gli stili di questo paese sono davvero tanti e molte birre fanno stile a sé, ma tra i più riconosciuti troviamo:
  • blond ale: pur costituendo uno stile non molto tradizionale sono molto diffuse e oggi considerabili come stile "base"
  • belgian pale ale: più tradizionali ma meno diffuse, sono affini alle cugine inglesi ma con maggior carattere di lievito
  • saison: molto caratterizzate; dorate o ambrate, a volte acidule, ben luppolate e speziate
  • birre trappiste: in un certo senso più che uno stile è un marchio di origine controllata: pur piuttosto diverse tra loro, la denominazione è precisa e comporta che la birra sia effettivamente prodotta "da o sotto il controllo diretto di monaci trappisti". "Birra d'abbazia" è invece un termine meno significativo, che indica una bevanda (la cui produzione è "laica") che vanta una connessione storica con un'abbazia, talvolta non più esistente
  • dubbel o double: di gradazione medio alta (7%), scure, secche ma maltate
  • tripel o triple: bionde, ancora più forti (8-9% e più), fruttate e spesso relativamente luppolate
  • golden ale: affini alle tripel, altrettanto forti o quasi, anch'esse bionde e ancor più beverine
  • belgian strong ale: scure e forti, talvolta fantasiosamente denominate quadrupel
Si annoverano infine alcuni "stili acidi" tipicamente belgi, sempre meno reperibili: le oud bruin, leggere e agrodolci, e le flemish red meno dolci e più acide, con commistioni tra i due stili.

Le ale tedesche annoverano le altbier di Dusseldorf - ambrate, non forti, maltate e piuttosto amare - e le chiare, leggere e delicate kolsch di Colonia. Sono entrambi degli stili ibridi in quanto fermentate con un lievito da alta fermentazione, ma ad una temperatura relativamente bassa e maturate ancora più al freddo. Hanno quindi gusto e aroma meno fruttato e più pulito rispetto alle vere e proprie ale.

Stout e Porter 



Le stout sono birre ad alta fermentazione, caratterizzate da un colore molto scuro (spesso nero) e una tostatura molto marcata; in genere, la gradazione è relativamente bassa e l'amaro intenso; l'aroma del luppolo è invece moderato, sovrastato da quelli tipici di cioccolato e caffè. Si possono distinguere:
  • dry stout: rispecchiano in pieno queste caratteristiche e non presentano la minima traccia di dolcezza. La stout più conosciuta è l'irlandese Guinnes
  • sweet stout: pur mantenendo colore scuro e note tostate, sono meno amare. Tra esse la milk stout si distingue per l'uso di lattosio (non fermentabile) per aumentarne la dolcezza
  • oatmeal stout: di dolcezza intermedia, anch'esse ormai non molto diffuse, sono tipicamente vellutate grazie all'impiego di farina d'avena
  • oyster stout: ci sono tracce dell'abbinamento tra stout e ostriche fin dal 1800, in alcuni scritti di Benjamin Disraeli. Nel 1929 ci fu il primo utilizzo delle ostriche nella produzione di birra, dapprima in Nuova Zelanda, poi imitato anche a Londra. Oggi il termine oyster stout indica sia una stout fermentata con una manciata di ostriche nei tini, oppure semplicemente una bevanda che ben si accompagna ai molluschi
  • porter: si possono considerare delle stout meno intense. Nei secoli scorsi lo stile generale di queste birre scure era indicato come porter, e quelle più forti venivano chiamate "stout porter" - e poi più semplicemente stout.
  • imperial stout: sono un incrocio tra il carattere delle dry stout e la potenza dei barlewyne: forti, amare, tostate ed un po' fruttate

Birre di frumento 



Sono birre ad alta fermentazione caratterizzate dall'ampio uso di frumento (50% e oltre). Gli stili più famosi sono quello tedesco (denotate come weizen, ovvero "birre di grano", o weisse, ovvero "birre bianche", per via dell'aspetto opalescente) e quello belga (blanche - in francese o wit - in fiammingo con lo stesso significato). Le affinità fra questi stili riguardano, oltre all'uso del frumento, il colore chiaro, la gradazione media ed un certo carattere speziato e acidulo. Le differenze non mancano: le blanche impiegano frumento non maltato, mentre nelle weizen è usato maltato; le blanche impiegano spezie come coriandolo e buccia d'arancia, mentre nelle weizen il carattere speziato è dovuto esclusivamente al lievito molto particolare, che produce anche un caratteristico aroma di banana.
In Germania si producono anche weizen scure, denominate dunkelweizen o dunkelweissen e birre di frumento più forti: le weizenbock. Infine le berliner weisse, caratteristiche della regione di Berlino, sono invece più leggere e decisamente acidule.

Lager 



Una lager è una birra prodotta a bassa fermentazione, ovvero seguendo un processo che predilige temperature basse e durante il quale il lievito si deposita sul fondo del fermentatore.
Le più diffuse sono quelle chiare, tra le quali si distinguono:
  • pilsener o pils: stile classico di origine boema (il nome deriva dalla città di Plzen); leggere dal colore chiaro o dorato, dalla luppolatura abbondante e dall'amaro pronunciato
  • helles: tipiche bavaresi, meno amare e più maltate
  • export o Dortmunder, leggermente più forti
  • marzen e oktoberfestbier: birre di colore dal dorato carico all'ambrato, gradazione maggiore (6% circa) e malto più pronunciato. I due termini indicano bevande molto simili: nonostante l'apparente disaccordo temporale infatti vengono tradizionalmente prodotte a marzo per un consumo autunnale, periodo in cui si svolge l'Oktoberfest. Le birre denominate "Oktoberfestbier" vengono prodotte prevalentemente dalle birrerie bavaresi, le uniche autorizzate alla vendita della birra all'Oktoberfest.
Sebbene spesso si associ erroneamente il termine lager alla birra chiara, non mancano in realtà lager scure, tra cui:
  • dunkel: birre brune, decisamente dolci e maltate nel sapore
  • schwarzbier: più scure e tostate, una sorta di stout a bassa fermentazione, ma meno amara e più maltata
  • rauchbier: particolari birre "affumicate" tipiche della città tedesca di Bamberga, prodotte utilizzando malti affumicati su torba o legno di faggio
Ci sono poi lager più forti, rappresentate in Germania dalla famiglia delle bock: di colore chiaro, gusto maltato appena equilibrato dal luppolo, in genere di gradazione alta (6,5% - 7,5% ma anche 8,0% per le scure e caramellate doppelbock). Ci sono poi altre lager "extra-strong" non appartenenti alle bock che, pur raggiungendo gradazioni alcoliche molto alte, rimangono comunque bilanciate e complesse nel sapore.
Esistono infine moltissimi altre lager "internazionali", poco caratterizzate e squisitamente industriali, associate a termini di mercato come ice o dry.

Lambic



Il lambic è una specialità della regione del Payottenland, a sud ovest di Bruxelles, ed è un tipo di birra così diverso che è talvolta considerato come bevanda a sé stante rispetto al mondo delle birre.
Il processo brassicolo è detto "a fermentazione spontanea": non viene inoculato alcun lievito selezionato, ma la produzione usa lieviti e batteri selvatici presenti nell'ambiente ponendo i tini all'interno di apposite strutture ventilate; successivamente la birra è sottoposta a una lunga maturazione in botti di legno. Il lambic tradizionale non è frizzante ma "sgasato" e presenta un'intensità e ricchezza aromatica ineguagliabile, e in bocca è altrettanto complesso e sempre molto acido.
Spesso viene rifermentato con lambic di annate diverse, dando origine alle spumeggianti gueuze; se è invece rifermentato assieme a ciliegie di Schaerbeek o altri frutti come lamponi, ribes nero, pesche o fragole dà origine alle kriek (in realtà non tutte le kriek sono prodotte a partire da lambic ma talvolta vengono utilizzate come base altre birre delle Fiandre Occidentali).

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