L’effetto del calore sulla carne varia a seconda delle parti
che la compongono. Con il calore la mobilità delle molecole proteiche aumenta
moltissimo: a 40° C il progressivo aumento di temperatura da origine a fenomeni
complessi fino alla denaturazione; a temperature diverse a seconda del tipo, le
proteine cominciano a vibrare, poi a distendersi aumentando la loro superficie,
formando infine tra loro dei legami e, coagulando, creano masse compatte.
Durante la fase di riscaldamento le membrane delle cellule si
indeboliscono lasciando fuoriuscire i liquidi contenuti nelle stesse.
Via via che questo avviene, nelle proteine si modifica la
struttura terziaria e le fibre riducono il loro spessore; verso i 55° C inizia
la coagulazione fino alla temperatura di 75° C, a questo punto non potendosi
restringere oltre si rompono.
Il cambiamento di colore della carne e la perdita di liquidi
sono l’indicazione della coagulazione in corso.
Infatti l’acqua viene espulsa man mano che le proteine
coagulano fino ad 80° C; a questa temperatura i liquidi sono quasi totalmente
eliminati; fino a 60° C, la mioglobina, che è il pigmento rosso dei
tessuti animali, non si altera, ma superata questa temperatura, verso i 70° C,
inizia a perdere ossigeno e avviene una trasformazione chimica della sua
struttura che da luogo a un composto chiamato semicroma, il cui colore
va dal bruno rossiccio al grigio (80° C), man mano che la temperatura sale.
Per i tessuti connettivi occorre fare un discorso a parte,
queste zone formate da collagene necessitano di una cottura lunga in modo da
potersi trasformare in gelatina, si tratta infatti di fibre strutturalmente
chiuse su loro stesse, potremmo dire aggomitolate. Via via che il calore
aumenta queste fibre cominciano lentamente a svolgersi per poi dividersi in
singole molecole in un’associazione disordinata a noi conosciuta con il nome di
gelatina. Questa trasformazione avviene con una velocità crescente man mano che
ci si avvicina alla temperatura di 100°C.
È evidente a questo punto che una cottura non eccessiva della
carne lascerebbe inalterate le fibre dei tessuti connettivi, che resterebbero
quindi dure; viceversa, il connettivo ridotto in gelatina corrisponde a carni
eccessivamente cotte, quindi asciutte e stoppose.
Ricordiamo che occorre fare particolare attenzione al tipo di
tessuto del prodotto carneo da cuocere in sottovuoto: sono preferibili tagli di
carne con poco collagene, come filetto, petti, lombate, ecc., che devono essere
cotte delicatamente e per un tempo breve per non renderle dure e asciutte. Al
contrario le altre (es.: stinchi, muscoli, ecc.) devono essere cotte a lungo ma
lentamente.
Tutte le carni possono essere cotte in sottovuoto, siano esse
bianche che rosse, l’unica nota da sottolineare riguarda i tagli con maggiore
presenza di collagene, per i quali si consiglia una cottura di tipo
tradizionale seguita da una pastorizzazione.
La cottura sottovuoto è particolarmente consigliata per le
preparazioni bollite e in umido. Poiché questo tipo di cottura non conferisce
al prodotto alimentare la rosolatura esterna, se questa caratteristica è
necessaria, deve essere impressa al prodotto o prima della cottura sottovuoto o
dopo, durante la fase di rimessa in temperatura.
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