venerdì 1 aprile 2011

La Quaresima e la carne

La Quaresima segna i giorni che passano dalla fine del Carnevale alla Pasqua. Quaranta è il numero che ricorre sistematicamente nella storia biblica e la Quaresima è dedicata dai Cristiani all’emulazione dei quaranta giorni di digiuno, passione e morte di Cristo.
In questa parte dell'anno l’obbligo religioso prevede l'astensione dai cibi più golosi, e per questo i nostri nonni impersonavano la Quaresima
con una vecchia donna ossuta e vestita di nero, che faceva gran contrasto con la figura del grosso e rubicondo Carnevale.
Durante il regno di Carlo Magno (VIII sec.) la trasgressione di mangiare carne era addirittura punita con la pena di morte e la Chiesa, al fine di “aiutare” i fedeli ad osservare il digiuno, vietava ai macellai (salvo al sabato dopo Vespro) la vendita delle loro mercanzie.
Viola è la tonalità che identifica i paramenti sacri della Quaresima, ed è per questo motivo che il viola viene ancora visto dai più scaramantici come un segno di privazioni e sfortuna.
Fino a solo cinquant’anni fa in Quaresima era imperativo mangiare di magro, la lista di cosa portare in tavola non lasciava grande scelta. Oltre alla peccaminosa carne, si doveva rinunciare al lardo, allo strutto, ai grassi animali. I latticini per lo più non erano permessi, come i rossi delle uova sostituiti con "li soli bianchi".
"Esci tu, porco ghiottone, entra tu sarda salata" disponeva la morale corrente. Restavano perciò: pane comune, polenta, ortaggi, minestroni, zuppe di magro fatte di sole erbe, farinate di fagioli bianchi e pasta.
Anche se le rinunce culinarie erano tante, ci si consolava con le variazioni dei cosiddetti ravioli di magro: dai tortelli a base di erbe a quelli gnudi.
In Quaresima era ammesso il pesce fresco o conservato per mezzo di salagione, essiccatura, affumicatura e marinatura.
Vero "companatico” della povera gente, emblema del periodo, era l’umilissima aringa o saracca: arida e secca, ma forte di sapore e di odore, stuzzicante, stringata, economica.
Doveva solitamente bastarne una sola per tutta la famiglia, sia che toccasse affumicata o ravvivata ai ferri. Nelle case più povere delle nostre montagne la si teneva appesa penzoloni ai legni del soffitto, ad altezza d'uomo, per sfregarla sopra il pane perché prendesse un pò di sapore.
Oggi questo tipo di restrizioni sono state spazzate via dalla cultura globale e del sempre pronto. Non c’è più l’obbligo del mangiar di magro, ma molte delle gustose ricette di pesce o di verdure della Quaresima sono rimaste sulle nostre tavole come piatti tradizionali d’innegabile bontà e dieteticità.
Anche in questo caso è possibile affermare che il buon senso e l’arte di arrangiarsi delle nostre nonne ha vinto, sapendo utilizzando ingredienti “leciti” per obbedire al volere del prete.

Fonte: Taccuinistorici.it

Nessun commento:

Posta un commento